di Roberto Mancini

Contro la cultura dello scarto 2Oggi viviamo in un mondo di contrasti, di contrapposizioni. Tutto ciò che non è come si pensa che debba essere, che porta disagio, che non appaga le voglie, lo allontaniamo, lo emarginiamo, lo combattiamo, lo scartiamo.
“Purtroppo nella nostra epoca, così ricca di tante conquiste e speranze, non mancano poteri e forze che finiscono per produrre una cultura dello scarto; e questa tende a divenire mentalità comune”.(1)
Questo stato di cose genera vulnerabilità in quelle persone che per motivi diversi si trovano in uno stato di bisogno, quale può essere la necessità di un lavoro, il bisogno di avere davanti un futuro, il bisogno di avere disponibilità e affetto.
I giovani, sotto quest’aspetto, risultano essere i più vulnerabili, “nel lavoro, dove la disoccupazione rende povere le giovani generazioni minandone la capacità di sognare; le persecuzioni fino alla morte; l’esclusione sociale per ragioni religiose, etniche, economiche”(2) o solo perché nati nel momento sbagliato o in un luogo sbagliato; per qualsiasi disabilità fisica o mentale; sono questi i motivi che inducono a subire la “cultura dello scarto”.
Chi si ribella a questa cultura lo fa nella maggior parte delle volte in maniera violenta, facendo gruppo con “ragazzi come loro”, aggredendo e umiliando gli altri, non rispettano niente e nessuno molte volte solo per riscattare il proprio disagio, per alleviare il dolore di sentirsi a loro volta scartati.
Combattono una guerra contro la cultura dello scarto rendendosi a loro volta promotori di questa cultura, con il bullismo, la prevaricazione, il delinquere.
Leggevo un’affermazione che diceva pressappoco così: nessuna persona nasce delinquente o santo, il cammino nella vita con le esperienze che fa, i bisogni, lo porta a essere ciò che è.
Ed è per questo che troviamo, nell’altra faccia della stessa medaglia, dei giovani che invece s’impegnano e riescono “a esprimersi con originalità e specificità”(2).
Troviamo giovani che fanno volontariato, che hanno una marcata attenzione verso i temi ecologici, che s’impegnano in politica per la costruzione del bene comune, che promuovono la giustizia sociale chiedendo “alla Chiesa un impegno deciso e coerente”(2) su questo fronte.
Ma, oltre l’impegno per una giustizia sociale, cosa deve fare la Chiesa contro la “cultura dello scarto”?
È ormai evidente che in questa società che usa come mezzo l’aggressione verbale e fisica per avere una rabbiosa affermazione del proprio io, la Chiesa, intesa come comunità di cristiani e non come struttura gerarchica, deve attuare una profonda riconversione riscoprendo anche il senso di solidarietà.
Molte volte, troppe volte, ascoltiamo persone che frequentano la parrocchia parlare degli altri, magari ritenuti diversi perché con un altro colore della pelle, in maniera dispregiativa avvalorando le loro tesi di scarto con dei ragionamenti che non hanno nessun senso logico; troppe volte!
Allora l’unica, ormai la più importante, cosa da fare è riscoprire la Fede nella sua essenza principale.
“La forza della Parola pone dei limiti a chiunque voglia rendersi egemone prevaricando i diritti e la dignità altrui”.(1)
Ma questa Parola non bisogna lasciarla nel dimenticatoio quando fa più comodo, “lasciamo che essa interpelli la nostra coscienza personale e sociale, se lasciamo che metta in discussione i nostri modi di pensare e di agire, i criteri, le priorità e le scelte, allora le cose possono cambiare”.(1)
Papa Francesco ha indicato come “bussola per un laicato impegnato in difesa della vita e dei deboli”(1) la Dottrina Sociale della Chiesa.
Li bisogna attingere per “un’opera di sensibilizzazione e di formazione, affinché i fedeli laici, in qualsiasi condizione, e specialmente quelli che si impegnano in campo politico, sappiano pensare secondo il Vangelo e la dottrina Sociale della Chiesa e agire coerentemente, dialogando e collaborando con quanti, con sincerità e onestà intellettuale, condividono, se non la fede, almeno una simile visione di uomo e di società”.(1)
“Ama il prossimo come te stesso”, “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”, devono essere alcuni degli imperativi che guidano il nostro vivere quotidiano e questo approfondendo quella cultura cristiana di apertura, solidarietà, vicinanza verso gli altri, verso i giovani da qualsiasi parte del mondo arrivino, che da millenni fa nascere “dei buoni frutti” nel ventre della Chiesa, nella storia dell’umanità; contro la cultura dello scarto e di quelli che la fomentano.

(1)Discorso di Papa Francesco del 2013 rivolgendosi all’Istituto Dignitatis Humanae
(2)Documento finale del Sinodo dei Giovani – 27 ottobre 2018