di Ale.lu

“L’ascolto è un incontro di libertà, che richiede umiltà, pazienza, disponibilità a comprendere, impegno a elaborare in modo nuovo le risposte”.

Questa frase non è una definizione della parola “ascolto”. E’ una frase estrapolata da uno dei 167 paragrafi del Documento Finale del Sinodo Giovani che si è svolto a Roma dal 3 al 28 ottobre. E’ un impegno che i Vescovi di tutto il mondo si sono assunti nei confronti dei giovani e che la Chiesa ha il compito di fare suo, di portare a compimento.

Ascoltare, però, in questo contesto non significa raccogliere delle informazioni o affinare una strategia per raggiungere qualche obiettivo. Significa entrare in empatia, cioè essere capaci di capire, di sentire e condividere i pensieri e le emozioni di chi parla. I giovani “desiderano essere ascoltati” ma molto spesso, in quasi tutti gli ambiti in cui vivono, come la famiglia, la scuola, le istituzioni, la Chiesa, ricevono scarsa attenzione, perché non c’è la disponibilità ad ascoltare. Manca il tempo, manca la voglia e a volte manca la capacità di ascoltare da parte degli adulti. Spesso non si dà ai giovani troppo credito oppure non si dà il giusto valore o interesse alle loro parole. E le conseguenze che derivano da questi comportamenti e atteggiamenti nei confronti dei giovani sono negli occhi di tutti: la solitudine, il rinchiudersi in se stessi, il continuo e improprio uso dei social, la mancanza di relazioni, l’avvicinarsi e il fare esperienza di situazioni pericolose come il ricorso alla violenza, l’uso di alcol e della droga. Solo l’ascolto umile, paziente, disponibile a comprendere e che si traduce in un modo nuovo di rispondere, permette di riconoscere ed accompagnare i giovani verso il vero senso della vita.

Per i Vescovi, la Chiesa, pur non mancando di iniziative ed esperienze di accoglienza ed ascolto nelle quali i giovani hanno potuto esprimere e fare ascoltare la propria voce, non sempre riesce o ha la volontà o la capacità di ascoltare. Gesù incontrando i discepoli di Emmaus, quando chiede loro “Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?” si mette in paziente ascolto. Gesù chiede, ascolta e alla fine li illumina. La Chiesa ha proprio questo compito nei confronti delle giovani generazioni: camminare e percorrere la strada insieme a loro; ascoltare pazientemente il loro grido; aiutare a riconoscere e a interpretare quanto stanno vivendo.

Per questo i sacerdoti, pur oberati dai tanti impegni , hanno il dovere di trovare il tempo per il servizio dell’ascolto. I laici il compito di essere preparati e formati per accompagnare i giovani. Ognuno di noi, nel proprio ambito di vita, la responsabilità di saper ascoltare empaticamente i nostri giovani: figli, nipoti, studenti, allievi, amici.