don tarcisioLa nostra comunità deve affrontare il tema della zona pastorale da realizzare con le parrocchie limitrofe: Rivazzurra e Bellariva. Per capirne di più abbiamo intervistato don Tarcisio Giungi, Vicario Episcopale per la Pastorale, parroco di Mondaino e referente di una zona pastorale molto vasta che va da Trebbio di Monte Gridolfo a Casinina.

– Don Tarcisio, perché la diocesi ha scelto la strada della creazione delle Zone Pastorali?

Come è accaduto e accade in altre diocesi italiane, la nostra Chiesa di Rimini ha fatto da circa due anni la scelta delle zone pastorali, che in alcuni casi sono già unità pastorali. Alla riflessione su questa scelta è stata dedicata la tre giorni del clero del giugno 2012, di cui atti sono stati pubblicati da “Il Ponte”. Perché dunque la scelta delle zone pastorali? Per essere più precisi dovremmo dire la scelta della “pastorale integrata”, ma le due cose sono strettamente unite. I motivi sono soprattutto i seguenti:

–         La società è fortemente cambiata e i punti di riferimento sociali non sono più quelli di un tempo. Per fare un esempio, occorre chiedersi dove la gente veramente abita. Ci sono luoghi in cui le persone vivono molto più tempo che dove hanno l’abitazione. Insomma, occorre spalancare le finestre e “abbattere i campanili”, se si vuole che il Vangelo arrivi ovunque.

–         Appunto, per l’annuncio del Vangelo è necessario “integrare le forze pastorali”, in modo che ciascuno possa dare il proprio contributo: parrocchie della stessa zona, movimenti e associazioni, religiosi e religiose… tutti quelli presenti nel territorio sono chiamati ad unirsi, dando ciascuno il proprio specifico.

–         I preti sono in numero inferiore rispetto ad un recente passato e negli anni prossimi saranno ancora di meno. Non è più possibile che ci sia un prete ogni parrocchia e soprattutto non è bene che i preti siano soli. Come diversi sanno, io sto vivendo da alcuni mesi insieme ad altri due preti sulle colline tra Romagna e Marche e insieme curiamo una zona molto vasta, di parrocchie piccole, che non possono più avere un prete. Vi assicuro che è una esperienze stimolante, che obbliga a cambiare mentalità.

– Concretamente, in che modo possiamo unire comunità che hanno molti punti in comune ma anche delle diversità evidenti?

Credo che la prima scelta da fare sia quella di conoscersi e cominciare a vivere alcune esperienze insieme. Se è vero che si conosce bene solo ciò che si ama, è altrettanto vero che si ama solo ciò che si conosce. Insomma, sono fondamentali le relazioni.  Si cominci allora a mettere insieme alcuni ambiti pastorali: il lavoro coi ragazzi, i campeggi estivi, alcuni corsi di formazione a livello zonale per i diversi operatori ecc. Sarà preziosa in tal senso la stessa assemblea dei consigli pastorali in occasione della visita del Vescovo. Inoltre, la vostra è una zona di mare, dove le persone hanno fondamentalmente le stesse risorse e le stesse problematiche: perché non lavorare insieme proprio nel campo della pastorale del turismo, accogliendo e concretizzando gli input che vengono dal centro diocesi?

– Cosa possiamo fare noi, operatori ma soprattutto parrocchiani, per contribuire a raggiungere l’obbiettivo?

Come ho detto sopra, la cosa più importante è la conoscenza reciproca e il confronto. Posso assicurare che persone che non si conoscevano possono diventare amiche riflettendo e vivendo insieme alcune esperienze. Non abbiate paura di buttarvi in questa nuova avventura che lo Spirito ha fatto intuire alla nostra Chiesa.

– Dopo queste preziose indicazioni possiamo lasciarci con un ultimo consiglio alla nostra comunità?

Mi capita spesso di dirlo alla mia gente, quassù sulle colline. C’è una frase che suona quasi come una bestemmia e che si deve pian piano superare: “Qui si è sempre fatto così!”. Lo ricorda anche il papa nella esortazione apostolica Evangelii gaudium: “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio del Si è sempre fatto così!. Invito tutti ad essere audaci e creativi” (n. 33). La pastorale integrata, attraverso la scelta delle zone pastorali, non è certamente una panacea per tutti i mali della Chiesa, ma certamente obbliga a ripensarsi. E a pensare!

Giuseppe Zema