2013_12_Campana del Villaggio(3)
In queste ultime settimane le cronache dei giornali sono state piene di storie angoscianti che hanno coinvolto adolescenti. Prima fra tutte le baby prostitute di Roma, ma non solo. Gli episodi raccontati, che certamente sono estremi, ci devono comunque allarmare e fare riflettere, senza girare lo sguardo dall’altra parte, come purtroppo avviene nei casi in cui passata la notizia tutto torna come prima. Un quadro che viene fuori da tutte quelle tristissime storie è che due mezzi di scambio terribilmente moderni e potenti, il denaro e Internet, sono in grado di creare, prima, dei rapporti tra degli emeriti sconosciuti e poi rivelare che tantissimi adulti maschi sono alla ricerca di forti emozioni. è un segnale questo che in altri tempi sarebbe stato etichettato come decadenza, ma che oggi invece è l’amara e tragica conferma che viviamo in una società dove non esiste più il futuro ed il passato, ma conta solo il presente o meglio solo singoli momenti che devono essere sempre più intensi, acuti, sensazionali. La mancanza di una pur qualsiasi prospettiva e progettualità viene ampiamente superata dalla ricerca del gioco, della fortuna, del brivido per l’eccesso, delle forti emozioni: di tutto ciò che sia sensazionale, emozionale, che provochi eccitazione. Un altro tragico quadro che si mostra in tutte queste storie è l’assoluta mancanza e la totale assenza della figura del padre. Nelle intercettazioni telefoniche del caso delle adolescenti di Roma si riportano, ad esempio, i dialoghi tra madre e figlia, ma non c’è un minimo accenno al padre, tanto che ci si potrebbe chiedere dove fosse, che tipo di funzione genitoriale esercitasse e perché non intervenisse. Questa assenza è purtroppo confermata anche in tanti altri casi. Quello che si mette in evidenza, oltre allo squallore delle vicende, è appunto la conferma della crisi dell’autorità paterna e del suo ruolo all’interno della famiglia. Un’efficace analisi di questa crisi, che personalmente condivido e che mi piace rivolgere ai lettori, è stata proposta sul Corriere della Sera da Matteo Lancini, Docente presso la Facoltà di Psicoligia all’Università Bicocca di Milano. In estrema sintesi il ragionamento è questo: nella famiglia c’è stata negli ultimi venti/trenta anni una ricontrattazione dove la figura materna è divenuta “acrobata” per la straordinaria capacità di integrare funzioni tradizionali con più moderne competenze educative e professionali”. Oggi la crescita del bambino non avviene più secondo il modello educativo della colpa e della punizione e la figura paterna, perdendo quel tipo di autorità, è alla ricerca di una nuova identità di ruolo. I babbi “si commuovono nell’incontro precoce con il figlio, prima davanti all’ecografia e dopo in sala parto. Si inginocchiano ad altezza di bambino per adorarlo e per giocare, lo adagiano nella carrozzina o nel seggiolino della bicicletta per una passeggiata che dona felicità al loro spirito e sollievo a quello della madre affaticata”. Spesso integrano questo con le faccende domestiche alle quali non si tirano più indietro: apparecchiano, lavano i piatti, spazzano o passano l’aspirapolvere e via dicendo. All’arrivo dell’adolescenza, dove la figura paterna dovrebbe raggiungere il massimo della propria funzione educativa, il padre “diventa disertore, pallido, debole, marginale, infantile, adolescente a sua volta”. Bene adattatosi “al nuovo sistema educativo dell’amore verso i figli bambini” non ci riesce verso i figli adolescenti. L’ambivalenza e la complessità adolescenziale mettono in crisi entrambi i genitori che sono spinti “a ricominciare da zero, ma non si può. Improvvisamente viene rispolverato dai padri, a volte su mandato della madre, il modello educativo della propria infanzia, fino ad ora contrastato e rifiutato. L’autoritarismo e la punizione vengono promossi come strumenti privilegiati per limitare i comportamenti dei figli”. E’ però evidente che cercare di regolamentare nell’adolescenza bambini prima adorati e sollecitati se non addirittura spinti ad essere espressivi e di successo diventa impossibile. Ed è proprio questa impossibilità che fa perdere al padre i suoi unici riferimenti: come stordito dalla confusione di ruolo e dai continui richiami a porre dei limiti, rischia di ritirarsi proprio nel momento in cui dovrebbe essere il punto di riferimento educativo. A volte ricorre alla violenza ed allora è l’adolescente ad eliminarlo dalla scena educativa. Questa assenza o addirittura eliminazione del ruolo paterno deve essere assolutamente scongiurata. La famiglia nel suo insieme deve essere consapevole che la paralisi del ruolo paterno è un’anomalia che può essere distruttiva per lo sviluppo e le esperienze degli adolescenti. Non è possibile delegare ad una parte genitoriale, madre o padre, il compito educativo. Se il nuovo modello educativo sopra descritto ha saputo migliorare le relazioni tra padre e figlio nell’età infantile, tuttavia non ha saputo ancora offrire un chiaro modello di gestione di ruolo nel corso dell’adolescenza. Come tutti sappiamo non esiste il vademecum del buon genitore ma una cosa è certa e vale sempre più per il genitore padre: essere presente ed esercitare la propria attenzione che superi le difficoltà delle giornate difficili e il muro di silenzio che spesso gli adolescenti alzano; rispettare la loro identità e non credere che i nostri figli siano una nostra proprietà, essere pronti al dialogo ma esercitare anche la propria autorità quando necessaria.

Ale.lu