Caro don,
non è facile capire, leggendo alcuni versi della Bibbia, nei quali risuona molto spesso la parola VENDETTA, come possa poi il tutto trasformarsi in PERDONO. Dio sembra il vendicatore perfetto al quale fanno riferimento numerosi profeti o Re per colpire i propri nemici. Viene invocato spesso e volentieri in questo senso, e Dio, rispondendo, agisce da vero e proprio CASTIGATORE. “Ora, Signore degli eserciti, giusto giudice, che scruti il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa”. Questo passo (Geremia 11,20) l’ho letto nella Lettera Pastorale 2014 di Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini, dove è accompagnato da una spiegazione nella quale si dice che il Profeta è “colmo di livore e scaglia invettive implacabili contro i suoi nemici. Chiede a Dio di sterminarli, di rendere le loro donne vedove e senza figli”. A prima vista si nota un ODIO profondo contro questi nemici per il quale la vendetta diventa la giusta punizione. E’ possibile che Dio diventi inesorabile strumento di distruzione e di morte per soddisfare il risentimento di un profeta?
Ma perché arrivare a tanto? Perché tanta cattiveria seppure contro i propri nemici? Questo atteggiamento è propedeutico a qualcosa di diverso? E’ un’inevitabile prova che l’umanità era destinata a sopportare?
Tutto lo fa pensare perché ad un certo punto quella vendetta si tramuta in perdono: Gesù nella sera dell’ultima cena, consapevole di ciò che l’aspetta, non chiede l’intervento del Padre suo, ma implora perdono e misericordia per coloro che lo hanno tradito. A differenza di Geremia che, colmo di risentimento nei confronti dei suoi nemici, chiede la vendetta di Dio, Gesù chiede invece il perdono dei propri nemici. E’ anche qui la differenza tra il VECCHIO E IL NUOVO TESTAMENTO?
Barbablù

Risposta a Barbalù

Carissimo Barbablù,
anche se a prima vista non sembra, c’è una profonda continuità tra Antico e Nuovo Testamento perché l’unica grande preoccupazione di Dio è “fin dall’inizio della creazione” il bene dell’uomo, il dialogo con l’uomo fatto a sua immagine e somiglianza. Tutta la Scrittura esprime la realtà di Dio “grande educatore” del suo popolo. (Egli lo trovò in una landa solitaria […] lo educò, ne ebbe cura, lo allevò, lo custodì come pupilla del suo occhio. Deut. 32).
Per Israele il castigo più grande non sono le punizioni, ma il sentirsi abbandonato da Dio.
Di fronte alla ROZZEZZA E DUREZZA degli uomini a volte Dio trova dei modi forti per portare avanti questo cammino educativo. Anche Gesù nelle parole e nei modi a volte usa questa “correzione” forte, specialmente contro la durezza di cuore e l’ipocrisia. Ma sicuramente in Gesù contempliamo quella che è la manifestazione più vera del dialogo d’amore tra Dio e l’uomo, specialmente di fronte ai piccoli, gli ultimi, ai peccatori.
Lo stile di Gesù nasce dall’amore del Padre; Gesù si sente amato profondamente dal Padre suo, ma dal Padre non cerca la vendetta o l’aiuto per sé, ma implora misericordia e perdono incondizionato “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”.
Se teniamo fisso lo sguardo su Gesù in croce lo vediamo trionfare sulla violenza, non tentando di contrastarla, ma denunciandone la scandalosa ingiustizia. Gesù muore proprio per non sottomettersi alla violenza e per non farsi ricattare da essa. A differenza dei kamikaze che si uccidono per uccidere, i martiri cristiani come Gesù, accettano di morire per dare la vita e per costruire il bene, perché conoscono che rispondere al male con la vendetta non spegne l’odio ma anzi lo alimenta. Solo il dono di sé, il perdono, il farsi carico del peccato e della miseria dell’altro ci rende vicini, fratelli e ci fa segno dell’amore paterno/materno di Dio che sa trasformare dal di dentro il cuore dell’altro.

don Giovanni